Tito distrusse il Tempio di Gerusalemme e fece incidere sul marmo il tesoro depredato, anche l'Arca dell'alleanza. La sua fine è leggenda: nascosta in Vaticano o sparita in fondo al Tevere

Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome.
Atti degli Apostoli 15,14

Nel 70 d.C. il Cielo traslocò da Gerusalemme a Roma. Segno evidente del trasferimento “celeste” fu il ben di Dio razziato dal generale romano Tito ai burrascosi Ebrei in Terra Santa e fatto scolpire sull’omonimo Arco al Foro capitolino. Il condottiero si beava di aver distrutto il Tempio di Salomone e di aver sconfitto i rivoltosi. Eppure, il tesoro sul quale aveva messo le mani valeva molto di più delle sue gesta. Del bottino facevano parte oggetti che erano la sacra genesi del popolo semitico. Per esempio, il candelabro d’oro (la Menorah) a sette bracci (come i giorni della creazione, oggi presente pure sulla bandiera presidenziale dello Stato d’Israele), l’Arca dell’alleanza, le Tavole della Legge e altro ancora.

Secondo prescrizioni delle Sacre scritture, l’Arca era una cassa di legno d’acacia, fuori e dentro ricoperta di oro puro, contenente le Tavole della Legge che Dio scrisse col fuoco e consegnò a Mosè sul Sinai. Anche il candelabro era stato forgiato su ordine e indicazioni del Cielo: era il risultato di un’unica colata di metallo prezioso (circa 35 chili) e i bracci erano alimentati con lo stesso olio (la relazione tra divino e umano, 3+4). Insomma, si trattava di pezzi unici della storia ebraica.

Un anno dopo la campagna militare, il comandante esibì quei trofei sfilando sulla Via Sacra al Palatino romano. Un passaggio che si può vedere nei bassorilievi sull’Arco di Dio, l’Arco di Tito inaugurato nell’81.

Simboli a parte, le imprese del generale erano le inconsapevoli portatrici di una forza “celeste” che stava ridisponendo i pezzi sulla scacchiera religiosa. Era una vera e propria tempesta divina causa di un cambiamento epocale che, come sempre, fu più chiaro ai posteri che ai contemporanei. La capitale del monoteismo (Gerusalemme) vedeva il suo primato sbiadire, mentre un nuovo Credo (il cristianesimo) si faceva più nitido e spostava il baricentro della fede dal Medio Oriente all’Occidente, a Roma.

Com’era possibile? La nascita di Cristo fu come lo splendere di un nuovo Sole sugli uomini. La crocifissione del Nazareno non zittì il cristianesimo ma gli diede voce e potere tanto forti da sovrastare l’Impero e dare un nuovo senso di marcia alla Storia. Per esempio, nel 67 a Roma furono uccisi gli apostoli Pietro e Paolo, eppure anni dopo la stessa città decise di celebrarli come santi patroni dell’Urbe: ogni anno il 29 giugno, prima dedicato a Romolo e Remo. E ancora, il cristianesimo era considerato arcinemico della Lupa romana, però nel 313 fu liberalizzato dall’imperatore Costantino e, nel 380, col successore Teodosio divenne addirittura religione di Stato. Dunque, gli dèi erano stati detronizzati.

E il candelabro d’oro? Di lui si sono perse le tracce. I testi dicono che nel 455 sparì col sacco di Roma dei Vandali di Genserico. Comunque, la sua scomparsa alimentò varie leggende. Tra le più suggestive quella che vuole la Menorah nascosta nelle segrete del Laterano o gettata in fondo al Tevere. Da qui un’altra, meno intrigante e decisamente tragica: un’imbarcazione si sarebbe messa alla ricerca del candelabro, avrebbe navigato il fiume in lungo e in largo e alla fine si sarebbe inabissata. E, in ultimo, si racconta che nei primi dell’Ottocento qualcuno aveva persino aperto un’impresa specializzata nella ricerca dei tesori perduti. Ma alla fine la società svanì, come il sogno di ritrovare la Menorah.